SOTTO LE (S)MENTITE SPOGLIE DI UNA #TWEETSTAR


Cercavi l'ennesimo blog in cui trovare dei buoni consigli per diventare una #tweetstar?  
Un decalogo di cose da non fare?
Ti hanno semplicemente fischiato le orecchie?
Allora temo che tu abbia sbagliato url.
Temo anche che per rendere il post più appetibile avrei dovuto scriverlo alla fine, ma questa è un'altra storia.
Non darò una definizione della parola tweetstar che, anche per chi non abbia mai frequentato Twitter, ha un significato sufficientemente intuibile. 
Credo che non abbia neanche senso, visti i reiterati abusi della parola star nel corso degli ultimi decenni, ironizzare sulla scelta del termine.
Qualcuno preferiva #tweetvip?
Very important people nell'arte del twittare?
Direi proprio che, dopo l'adozione di selfie, qualunque termine abbia diritto di cittadinanza nel nostro linguaggio quotidiano.
Mi sono perso.
Ok ci sono.
Volevo solo dedicare poche righe ad un fenomeno che, da fruitore abituale di Twitter, incontro sempre più frequentemente e trovo veramente triste.
Un fenomeno presente in altre forme anche in altri social: l'ostentazione di un consenso e di un seguito apparente.
Niente da ridere con chi ne raggiunge o desidera raggiungerne uno virtuale, ma reale. 
In questo post in particolare penso a quegli account twitter reali, ovvero non fake, profili improbabili o donne avvenenti con 10 TWEET / 100 FOLLOWING / 10000 FOLLOWER che ti aggiungono di default.
Quelli insomma in cui la foto o il nome hanno una buona dose di verità, in quanto l'autore ha serie intenzioni di diventare qualcuno tramite Twitter.
Spesso sono profili che qualche mese prima hai aggiunto perchè avevano tutta l'aria di essere innocui e di scrivere soltanto cose personali e volerle condividere.
Poi nella velocità della rete, ed incontrando persone maggiormente affini, li hai persi di vista.
Infine un giorno, nonostante abbiano ancora l'aria innocua di un tempo, ti accorgi che hanno smesso di seguirti, seguono 200 persone e sono seguite da 9000.
E' allora che capisci di esserti perso qualcosa e, con lo smarrimento del padre che non ha visto crescere i propri figli, cerchi di comprenderne la ragione.
Abbassi lo sguardo e ti accorgi, con un nodo alla gola, che nessuno interagisce con quello che scrivono.
Che il loro consenso è inversamente proporzionale al numero dei loro seguaci.
Che sono soli, sotto le (s)mentite spoglie di una #tweetstar.
Sul consenso come droga contemporanea, virtuale e non, si è già parlato a sufficienza, ma a lasciarmi senza parole è la sua capacità di rendere le persone patetiche ed indifese al cospetto del raggiungimento anche di un suo surrogato.
Perchè è evidente che se segui 200 persone e sei seguito da 9000, ma nessuno interagisce con te neanche virtualmente, stai solo facendo una figura di merda in mondovisione.
Ogni persona che si fermerà qualche secondo sul tuo profilo se ne accorgerà.
Poco importa come tu ci sia arrivato, se tu abbia comprato follower o semplicemente iniziato a seguire 20000 account per poi tornare sui tuoi passi subito dopo essere stato ricambiato.
Non sei un #tweetstar.
Sei un #coglione.  
Lo sei a tal punto che il mio istinto è quello di proteggerti.
Non stai raccontando una cazzata ad una ragazza, lo stai facendo a migliaia di persone.
E la prova che è una cazzata è poche righe sotto il sorprendente numero dei tuoi seguaci.
Perchè mettersi un paio di calzini per esaltare il pacco se stai andando in una spiaggia per nudisti?
Perchè stampare 9000 inviti se stai solo organizzando una festa a casa e vivi in un monolocale?
Perchè mettere nella stessa frase una bugia e la verità che l'annulla?
Tra essere qualcosa e dare l'illusione di esserlo c'è un vuoto che nessuno dei tuoi follower sarà disposto a colmare.
Ti preferivo pesce rosso.

Foto #Tweetstar


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