IL PROGRESSIVO AVVICINAMENTO ALLE POSIZIONI FRANCESI
[Fig. 4/b]
INTRODUZIONE
1. Dal soggiorno padovano al ritorno in Calabria
2. Dalla congiura agli ultimi anni di prigionia
3. Dalla libertà disattesa alla sofferta edizione dell’Opera omnia
Le condizioni esistenziali di
Campanella, in un intenso susseguirsi di richieste inascoltate, costanti
revisioni delle sue opere e nuove stesure, si protraggono con i contorni
delineati sino all’11 gennaio del 1629, quando, prosciolto in via definitiva
dal Sant’Uffizio, viene rilasciato nuovamente ai superiori dell’ordine
domenicano. Dal punto di vista politico gli anni nelle carceri romane segnano
un lento ma progressivo avvicinamento alle posizioni francesi, in armonia con
la visione delle contingenze storiche manifestata da Urbano VIII. Un primo
segnale evidente di questa mutazione in divenire è rintracciabile in una
perduta Oratio pro Rupella recepta[90], in
cui il filosofo calabrese esaltava la presa da parte di Luigi XIII di La Rochelle , roccaforte
protestante, avvenuta alla fine di ottobre del 1628. Celebrato anche a Roma,
l’evento rappresentava «la vittoria della religione cattolica sull’eresia, ma
anche e soprattutto, per il re di Francia, la scomparsa di un vero e proprio
Stato nello Stato»[91].
Pochi mesi dopo, la direzione
intrapresa prende nuovamente forma nel breve opuscolo intitolato Avvertimento al re di Francia, al re di Spagna
e al sommo pontefice circa alli presenti e passati mali d’Italia, in cui ad
un ponderato accostamento alle posizione francesi si accompagna un ben più chiaro allontanamento da quelle
filoispaniche. Composto verosimilmente nel 1629, lo scritto si inserisce in un
mutato scenario internazionale, che vede la Francia , dopo la vittoria di La Rochelle , libera di
inserirsi nelle vicende italiane e contrapporsi attivamente alle pretese della
Spagna nella lotta per la successione al ducato di Modena. Nell'opuscolo
ritroviamo i temi giovanili dei Discorsi
ai principi, che si materializzano in una rinnovata critica alle ostilità
tra i principi italiani, che favoriscono gli interessi dei Turchi, nemici della
fede. Inoltre, le discordie in seno alla cristianità contribuiscono ad
alimentare in Campanella la paura di un conflitto tra Francesi e Spagnoli, che,
giocandosi sul territorio italiano, possa mettere a rischio la sopravvivenza
del regno di Napoli.
Di fronte all'ipotesi che la situazione sfoci in uno
scontro tra gli interessi privati delle due grandi potenze, lo Stilese ne
individua la soluzione nella consegna del regno ad un garante neutrale, che,
conformemente alla sua visione, non può che essere il pontefice Urbano VIII,
che già da tempo desiderava ingrandire il proprio stato in questa direzione.
Andando oltre le vicende contingenti, il filosofo calabrese ribadisce che il
dare dei sovrani cattolici alla Chiesa è un «mettere in comunità», che, privando
i due contendenti dell’oggetto della contesa, permette loro di dedicarsi al
ruolo che gli compete, ovvero la difesa del gregge cristiano[92].
La testimonianza più rilevante
dello spostamento verso posizioni filo-francesi, rese ancora più solide dalla
frequentazione degli ambienti vicini all’ambasciata di Francia e dal
conseguente approfondimento della situazione politica del paese transalpino[93], è
sicuramente il Dialogo politico tra un
Veneziano, Spagnolo e Francese, circa
i rumori passati di Francia, composto a Roma sul finire del 1632, questa
volta in condizioni di assoluta libertà. Lo scritto, che vede l’inserimento del
distaccato e razionale ‘Veneziano’, portavoce dell’autore, nel duello verbale
tra il ‘Francese’ e lo ‘Spagnolo’, inizia con una serie di riferimenti
naturalistici, tipicamente campanelliani, che permettono allo spagnolo di
sostenere che la Francia ,
avendo compiuto il suo ciclo, non può né tornare ai fasti dell’età di Carlo
Magno né risanarsi, ed al francese di replicare che il passaggio del regno di
Francia alla casa dei Borboni ha invece determinato l’inizio di un nuovo ciclo,
analogamente a quanto accade quando «in un tronco di vecchia pianta inseriamo
un ramuscolo di novella e giovane albore, e fa nuova età, e crescimento, e
frutto assai»[94]. Anticipando temi che
diventeranno presto centrali nella produzione politica del filosofo calabrese,
gli interventi del veneziano sono a loro volta diretti a dimostrare, con
accorte argomentazioni, che la
Francia , nonostante i dissidi interni, si avvia verso una
fase ascendente del proprio percorso storico, contrariamente alla Spagna, i cui
segnali di declino sono ormai pienamente manifesti.
A prescindere dalla «precisa
diagnosi dell’evoluzione storica delle due monarchie rivali», che conduce
Campanella «a passare da una posizione filo-ispanica ad un impegno
pro-francese»[95] e a delinearne, in una
prospettiva universale, le rispettive sorti politiche, la ragione più immediata
della composizione del Dialogo è la
difesa della figura e delle scelte di Richelieu, in un paese paralizzato dai
contrasti interni, pericoloso contraltare dei suoi stessi successi militari e
diplomatici. Contro le accuse della regina madre, Maria de’ Medici, e del
fratello minore del re e probabile erede al trono, Gaston d’Orleans, ostili
all'accrescimento del potere del primo ministro francese e fautori di una
politica di opposizione a Luigi XIII, lo Stilese cerca di mostrare come le
operazioni portate avanti da Richelieu, a differenza di quanto sostengono i
suoi oppositori, non siano finalizzate al conseguimento di interessi personali
ma volte esclusivamente a restituire alla Francia il passato splendore,
consolidando lo stato contro le forze che ne mettono a repentaglio l’unità,
scopo che può legittimare anche l’alleanza con potenze eretiche[96].
Quella del cardinale francese, come cercano di testimoniare gli interventi del
veneziano, è una politica fondata sul primato del bene comune su quello
individuale, che, costituendosi come fedele strumento del sovrano, rafforza il
potere della Francia. E’ a questo punto che, «in una pagina di acuta analisi
psicologica»[97], Campanella sottolinea
come la privazione di un bene personale per uno comune rappresenti per l’uomo
uno degli atti più duri da compiere, ancor più se, come in questo caso, viene a
verificarsi in un contesto che contrappone, nella conquista di un medesimo
bene, più avversari. In questa prospettiva, diviene comprensibile l’odio dei
familiari del sovrano verso Richelieu, i quali, mirando soltanto ai propri interessi,
non possono che osteggiare l’azione di un uomo virtuoso che cerca di guidare il
proprio principe al compimento di grandi imprese.
Oltre a delineare i primi
significativi passi della svolta pro-francese, il Dialogo, definito legittimamente, insieme al giovanile Dialogo politico contro Luterani, Calvinisti
ed altri eretici, un «testo
militante»[98],
offre anche una preziosa testimonianza del rapporto campanelliano con
l’attualità storica, recentemente studiato, proprio in riferimento allo scritto
in analisi, da F. Plouchart-Cohn. La ricostruzione della situazione francese,
questa volta basata esclusivamente su un’analisi dei fatti e non su espliciti
riferimenti di natura profetica, mostra da parte del frate domenicano
un’interpretazione flessibile del concetto di attualità, che si riflette in
un’evidente imprecisione cronologica, e che, pur non escludendo la presenza di
narrazioni dettagliate, rimanda ad «una
visione globale degli eventi, che s’inscrive in una prospettiva di lungo
termine e in una riflessione ben più vasta sul destino della monarchia
francese»[99]. Ne nasce una costante
oscillazione fra realtà contingente e prospettiva universale, caratteristica
della lettura politica dello Stilese, per il quale l’evento non ha valore in sé
ma «assume significato una volta inserito nel lungo periodo della storia, che
si inscrive esso stesso in un orizzonte profetico»[100]. E' quindi nuovamente la profezia a costituire la risoluzione interpretativa, anche
in relazione all'attualità, della visione del mondo campanelliana. In essa
l’evento non rappresenta un momento di rottura nel divenire della storia ma «un
momento in cui la storia si rende leggibile»[101],
ovvero un segno che permette di comprendere cosa si nasconde oltre la sua
configurazione attuale.
Di poco successiva a quella del Dialogo politico è la stesura del Disticon pro rege Gallorum, in cui Campanella conferma la propria
propensione per il paese transalpino e, replicando ad un distico che, in
riferimento alle evoluzioni dei già citati dissidi interni della Francia,
imputava al sovrano francese di essere spietato come il fratricida Turco ed il
matricida Nerone messi assieme, sottolinea la pietà del «Gallus», dimostrata
con il perdono concesso, nonostante la loro colpevolezza, ai propri familiari[102].
Note
[Fig. 4/b] Il prezioso disegno al carboncino (mm 143 x 135) si conserva nella Bibliothèque Municipale di Lille e fu rintracciato da Luigi Firpo che per primo lo pubblicò. Il disegno, non firmato, fu incollato successivamente sulla c. 349r del codice 690 della Biblioteca – precedentemente segnato 463 – che era appartenuto a Isaac Bullart e a suo figlio Jacques-Ignace. Cfr. L. Firpo, op. cit., schede nn. 9-10, pp. 43-51; E. Canone, L’iconografia campanelliana tra realtà e fantasia, cit., pp. 17-18 e tavv. VI-VII.
[90] Cfr. L. Firpo, Bibliografia degli scritti di T. Campanella, Tip. V. Bona, Torino 1940, p. 193; per la data della redazione dell’Oratio, letta pubblicamente, ma non dallo Stilese, nella Chiesa di San Luigi dei Francesi alla presenza di Urbano VIII, cfr. R. De Mattei, Note sul pensiero politico di Tommaso Campanella (con tre lettere inedite), in Campanella e Vico, Atti del convegno internazionale (Roma, 12-15 maggio 1968), Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1969, pp. 93-107, a
pp. 100-101.
[90] Cfr. L. Firpo, Bibliografia degli scritti di T. Campanella, Tip. V. Bona, Torino 1940, p. 193; per la data della redazione dell’Oratio, letta pubblicamente, ma non dallo Stilese, nella Chiesa di San Luigi dei Francesi alla presenza di Urbano VIII, cfr. R. De Mattei, Note sul pensiero politico di Tommaso Campanella (con tre lettere inedite), in Campanella e Vico, Atti del convegno internazionale (Roma, 12-15 maggio 1968), Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1969, pp. 93-
[91] F. Plouchart-Cohn, Il
Dialogo tra un Veneziano, Spagnolo e Francese di Tommaso Campanella fra storia e profezia, in
«Bruniana&Campanelliana», X/2 2004, pp. 319-332, a p. 319.
[92] Cfr. Avvertimento
al re di Francia, al re di Spagna e al sommo pontefice circa alli presenti e
passati mali d’Italia, in Tommaso
Campanella, ed. cit., pp. 945-47.
[93] Per
un’analisi dettagliata dei rapporti intrattenuti da Campanella con gli ambienti
francesi cfr. M.-P. Lerner, Tommaso
Campanella en France au XVII siécle, Bibliopolis, Napoli 1995, p. 43.
[94] Cfr. Dialogo politico tra un Veneziano, Spagnolo
e Francese, circa i rumori passati di
Francia, in Tommaso Campanella, ed. cit., pp. 955-93, a p. 959. La paternità
campanelliana del Dialogo è stata
messa in discussione da R. De Mattei ma complessivamente gli studiosi sono
pienamente concordi nel riconoscerla e nell’individuarne la data di
composizione nella fine del 1632, cfr. R. De Mattei, Note campanelliane, III. Intorno al «Discorso» (o «Dialogo») sui
«rumori di Francia» attribuito a T. Campanella, «Rendiconti dell’Accademia
Nazionale dei Lincei», XXVI 1971, pp. 583-586.
[95] F. Plouchart-Cohn, Il
Dialogo tra un Veneziano, Spagnolo e Francese di Tommaso Campanella fra storia e profezia, ed. cit., p. 323.
[96] Cfr. Dialogo politico tra un Veneziano, Spagnolo
e Francese, circa i rumori passati di
Francia, ed. cit., p. 986.
[97] G. Ernst, Tommaso Campanella, ed. cit., p. 227;
cfr. Dialogo politico tra un Veneziano,
Spagnolo e Francese, circa i rumori
passati di Francia, ed. cit., p.
962.
[98] F. Plouchart-Cohn, Il
Dialogo tra un Veneziano, Spagnolo e Francese di Tommaso Campanella fra storia e profezia, ed. cit., p. 328.
[99] Ivi, p.
322.
[100] Ivi, p.
331.
[101] Ivi, p.
332.
[102] Cfr. Disticon pro rege Gallorum, in Le Poesie, ed. cit., n. 168, pp.
609-610.
Tesi di laurea di Michele Nucciotti
Relatore Prof.ssa Germana Ernst
Correlatore Prof. Giacomo Marramao
ANNO ACCADEMICO 2005/2006
ANNO ACCADEMICO 2005/2006
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